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Jury Chechi Website - Un sogno nuovo: Atene

Dopo l'infortunio al braccio, poco prima delle olimpiadi di Sidney, la mia vita è cambiata radicalmente. Niente più gare, mi ero ritirato.

Ho cercato di dare il mio contributo come vice presidente federale, consigliere responsabile della preparazione olimpica, presidente della commissione atleti del C.O.N.I.

Ho cercato di iniziare a costruirmi una vita ma, qualunque cosa facessi, al centro di tutto c'era ancora la ginnastica.

Non ho mai smesso del tutto di allenarmi, in modo da poter partecipare senza fare brutte figure a tutta una serie di show, manifestazioni, gare a invito. Certo, i ritmi di allenamento erano blandi ma la forma non è mai stata troppo lontana da quella migliore.

Forse non mi sentivo ancora appagato, forse non mi pareva di dare quanto potevo, forse avevo ancora una sete di rivalsa, forse non mi sembrava di essere così lontano dai migliori che vedevo in gara... forse tutte queste cose assieme mi hanno fatto pensare: "perché no Jury? Puoi provarci, perché no?"

Così, contro il parere di molti e in gran segreto, ho intensificato il ritmo degli allenamenti con l'aiuto inizialmente solo dei tecnici della mia società, Tiziano Adolfetti, colui che mi ha portato alla ribalta nazionale e Matteo Massetani, amico di sempre.

Il braccio non mi dava fastidio più di tanto, sembrava funzionare contro tutto ciò che i medici mi avevano pronosticato e l'entusiasmo piano piano è salito e con esso la forma, fino al punto di farmi decidere di comunicare la mia decisione allo staff nazionale.

Fin da subito gli allenatori nazionali sono stati molto chiari: non avrei avuto nessuna garanzia, sarei entrato in squadra solo se avessi dimostrato sul campo di meritare il posto, solo se fossi risultato utile alla squadra. Mi stava più che bene, era quello che volevo.

I primi test hanno messo in evidenza che, con un po' di lavoro, potevo risultare utile oltre che agli anelli (per la verità molto ben coperti dagli altri ginnasti) anche alle parallele, al cavallo con maniglie e al volteggio, attrezzi nei quali potevo ancora presentare esercizi di alto contenuto. Mi sono dunque dato da fare alternando settimane di allenamento a Prato, in società, a settimane di allenamento a Milano, con la nazionale. Il programma era quello di partecipare ad una competizione internazionale prima dei campionati d'Europa di Ljubliana.

Ma il mio braccio di "vecchietto" non era propriamente d'accordo: durante un allenamento a Milano, alla sbarra, ho sentito un rumore sordo, una specie di strappo. Ho sentito dolore, ho avuto paura. Dalle visite e dagli esami non sembravano esserci problemi, ma il braccio non rispondeva più come prima, non riuscivo a ruotare l'avambraccio e dunque, non riuscivo ad eseguire correttamente la finale dell'esercizio, la parte frontale di slancio. Mi sono fermato, convinto che non sarei ripartito.

Evidentemente però il destino mi riservava qualcosa di diverso.

A poca distanza dai campionati d'Europa, due pedine fondamentali della squadra hanno dovuto dare forfait per motivi fisici ed io ero la riserva più accreditata.


Pronti per Ljubljana

Ho dovuto modificare l'esercizio, ho dovuto allenarmi di fretta, sono arrivato a Ljubliana con pochissimo lavoro alle spalle ma, tutto sommato, in forma. Avrei gareggiato ad anelli e cavallo, quasi non ci credevo neppure io.

Tornare in pedana è stata una emozione grandissima ma uno dei vantaggi dell'età è che con la maturità, migliora la capacità di gestire lo stress.

Ho esordito, come saprete, al cavallo e ho preso fiducia. Agli anelli ho dato il meglio che potevo, libero da pressioni, privo di speranze: il lavoro non era stato sufficiente, mi bastava dare il mio contributo alla squadra. Ed è arrivato il risultato inaspettato, la finale. Cavolo, dopo tutto questo tempo ero in finale, fra i migliori 8... allora forse non avevo sbagliato a crederci.

La finale poi si che è stata emozionante, i miei genitori i miei tifosi, sono partiti in fretta e furia per venirmi a vedere, gli occhi del palazzetto, della giuria e di tutta la ginnastica europea si sarebbero posati su di me, mi avrebbero soppesato, giudicato, valutato.

Il risultato è storia, stanco morto ho ceduto in una verticale di dorso (una delle parti che avevo dovuto cambiare) e sono arrivato ottavo, ultimo... ma non così distante dagli altri, specie contando l'errore fatto. Ero soddisfatto, molto soddisfatto, potevo continuare.

Quello che è seguito mi è venuto tutto naturale, non è stato niente di diverso da quello che avevo sempre fatto: allenarmi, perdere peso, competere con gli altri, tenermi sano.

Gli allenamenti collegiali con gli altri ginnasti della nazionale mi pesavano più di una volta ma potevo reggere e potevo sopportare il dolore.

Intanto uno stimolo ulteriore si era aggiunto: ero stato scelto come portabandiera dell'intera delegazione azzurra, un onore incredibile che da solo poteva valere la partenza per Atene. Ancora però il posto in squadra non me lo ero guadagnato, senza di quello non sarei partito.

Ho gareggiato in giugno a Rimini contro la Romania, con risultati soddisfacenti; ho riposato mentre gli altri gareggiavano con la Germania a metà luglio; ho gareggiato a fine luglio ad Ancona contro la Spagna, ancora piuttosto bene.

È da quella competizione che è stata scelta definitivamente la formazione per le olimpiadi e i punteggi che sono stato in grado di raggiungere hanno fatto si che io fossi scelto.

Certamente ci sarà qualcuno che ci è rimasto male, certamente ho preso il posto a qualcuno più giovane ma attenzione: non ho rubato niente! Me lo sono guadagnato col sudore, col dolore e con una fatica che forse chi è più giovane neppure immagina. Quel posto è mio di diritto!

Me lo chiedono in molti e, a dir la verità, la risposta, nel tempo, è cambiata.

Quando ho ripreso a allenarmi sul serio volevo mettermi in gioco per una medaglia, ero convinto di poter lottare coi migliori e, perché no? Vincere ancora.

Piano piano ho realizzato che questo era un programma troppo ambizioso... forse...

Ho lavorato molto nella mia testa per arrivare ad accettare serenamente un programma diverso.

Adesso quello che mi interessa è contribuire alla squadra con i miei esercizi e con la mia esperienza e far vedere al mondo (o forse a me stesso) che a 35 anni non si è vecchi.

Staremo a vedere, io ho fiducia.

Foto: artisti vari
 
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